200629
TELECOM E LA STRATEGIA PER LO SVILUPPO CHE NON C’E’
Published by Luigi Orsi Carbone at 10:41 am in Blog with No Comments
A dispetto di tutto quello che si e’ detto e scritto in queste settimane sul caso Telecom, Telecom Italia e’ una azienda solidissima e al momento floridissima dal punto di vista delle performance reddituali. Il debito infatti (~ E40 Miliardi oggi e E38 Miliardi a fine anno) e’ perfettamente sostenibile dal free cash flow aziendale (~E5Mia) generato da una redditivita’ industriale MOL di ~E15Mia)tra le piu’ alte (~47% dei ricavi) del settore in Europa e nel mondo. Ma allora cosa non ha funzionato o non sta’ funzionando in Telecom e perche’ il mercato sta’ comprimendo il valore del titolo. Il mercato si sa’ sconta i flussi di cassa attesi nel futuro e non quelli passati. Ed e’ opinione comune che Telecom Italia potra’ solo fare peggio. La grande debolezza di Telecom Italia risiede quindi nei suoi successi recenti (anche se in apparenza puo’ sembrare contradditorio) e soprattutto sul suo posizionamento strategico di domani che il mercato crede potra’ penalizzarla. Infatti Telecom Italia:
– ha spolpato l’osso in Italia al massimo sulla telefonia fissa e sul nascente mercato del broadband dove ha mantenuto il 70-80% di quota (addirittura in crescita negli ultimi anni) nel complesso e oltre il 95% sul mercato del canone di accesso;
– Il mercato voce fisso e mobile e’ saturo e i margini in diminuzione. Internet a banda larga (broadband) sta’ crescendo molto ma al tempo stesso e’ cambiata e dalla consultazione di siti web/testi ad oggi dove consente veicolare la voce fissa e mobile (con WiFi) e i video/DVD/TV. Dunque il broadband non e’ del tutto aggiuntivo all’esistente: infatti quando il cliente paga in media Euro 30 mese per il BB e da una parte fa crescere il business dall’altra grazie alla convergenza riduce le bollete del fisso facendo Voce su IP (leggi Skype,…) e staccando la linea/canone (i E30 in media di fisso tendono a zero) e le bollette del mobile (altri E30/mese ) che grazie a WiFi . La convergenza fa si che la somma algebrica degli elementi sia un sogno.
– non potendo crescere oltre sulla voce (che lascia il telefono fisso per passare sempre piu’ sul telefonino) e sul canone di acceso in monopolio, TI ha visto l’opportunita’ prima degli altri di riguadagnare quote sul mobile cavalcando la convergenza fisso mobile (un unico telefono/terminale che usa la rete fissa/wifi in casa e la rete Umts quando in mobilita’) ma per motivi regolamentari (l’offerta integrata non e’ stata ancora autorizzata anche perche’ Vodafone e H3G non la possono replicare senza una propria rete fissa/broadband) non e’ riuscita ancora a monetizzare. Anche perche’ questa volta i muscoli lobbistici e regolamentari di una Vodafone (e di Wind/H3G) in Italia e in Europa si sono forse rivelati diversi da quelli dei piccoli provider broadband che si dividono le briciole della torta lasciata da Telecom su voce e banda larga.
– Come operatore standalone sul mobile TIM perde quote ormai da anni, tutta concentrata come’e’ sul mercato domestico e attacata da H3G sulla fascia alta da Vodafone du quella intermedia e da Wind su quella bassa. Prima o poi dovra’ confrontarsi con i grandi player del settore in Europa (Vodafone, Telefonica, Orange..). Quale e’ la strategia di lungo periodo per creare valore sul mobile di TIM in uno scenario non piu’ solo italiano (dove la convergenza non la puo’ cavalcare con TI) ma almeno europeo se non globale?
– ha concentrato i suo focus sul mercato voce/internet tralasciando i servizi informatici a maggior valore per le imprese e la PA. Infatti ha venduto prima i servizi di system integration a Value Partner prima e poi ha ceduto anche Finsiel a COS. Il settore dei servizi ICT integrati e a valore aggiunto per le imprese e le multinazionali e’ un business si molto competitivo con margini bassi (rispetto a quelli olipolistici della voce/canone in Italia) ma un business globale (BT ad esempio fattura circa la meta’ del suo fatturato nel segmento) e che cresce. Perche’ uscirvi del tutto? Non era possibile fare di piu’ ?
– fatte le dismissioni all’estero TI e’ rimasta con Brasil Telecom sul mobile (oggi in vendita ) e con due minuscole (per vedersi sui numeri Telecom) teste di ponte nel broadband in Europa con Alice France e Hansenet in Germania (+forse AOL Germania); per crescere in modo signifcativo sulla banda larga all’estero occorrerebbe fare investimenti: ma con quali risorse? e come make vs buy? e in che tempi?
– recentemente TI ha comunicato l’intenzione di diventare una media company. Oggi TI fattura qualche decina di Milioni (non Miliardi) nel settore. E non possiede i contenuti che vorrebbe veicolare sulla sua nuova rete ad altissima velocita’: infatti oggi rivende quelli del suo potenziale concorrente SKY (almeno TI capisce cosa significa competere al dettaglio con chi ti vende i servizi all’ingrosso). E comunque come ha ben quantificato il mio amico Stefano Quintarelli il mercato dei media e’ solo E6Mia (E5Mia togliendo il canone RAI) rispetto ai E36Mia delle telecomunicazioni e per acquisire mercato occorre scannarsi con il duopolio Mediaset e RAI e quindi con i politici per gli introiti pubblicitari o dall’altro con la Pay TV SKY di Murdoch che guarda caso e’ lo stesso che dovrebbe offrire i contenuti. Resta circa E1Mia del video noleggio che in futuro potrebbe essere accedibile da un servizio VOD di TI. Non e’ un po’ poco per convincere il mercato che questa e’ la strada giusta per lo sviluppo di un gruppo che fattura E30Mia?
I problemi di mercato di Telecom riflettono forse la percezione del mercato di una azienda forte in Italia dove puo’ solo perdere terreno e senza una chiara prospettiva strategica di medio lungo a livello internazionale, stretta in un settore che va convergendo ed inevitabilmente consolidandosi sia nel mobile sia nel fisso. E il mercato sembra scommettere oggi che Telecom Italia in questa battuta di caccia sara’ una preda e non cacciatore. E quindi l’impallina.
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