200931
……e quell’Italia a bassa velocità che non tolleriamo più
Published by Luigi Orsi Carbone at 11:23 pm in Blog with No Comments
Tortona-Milano distano 70km. In qualsiasi Paese avanzato sarebbe un normale e piacevole commute di 45 min., preferibilmente in treno.
Ma in Italia non è così. Come gran parte dei treni pendolari da/verso le grandi aree metropolitane in Italia, credo.
L’elenco dei disservizi e dei disagi causati ai passeggeri è pesante:
– ritardi in media di 100 ore l’anno: quasi tre settimane lavorative perse in attesa
– treni schifosamente sporchi al punto da essere costretti ad esplorare i sedili per qualche minuto il sedile dove sederti: il personale si scusa dicendo che i servizi di pulizia sono appaltati a ditte terze, anche se a volte contribuisce pure l’inciviltà di qualche passeggero
– sovraffolamento eccessivo dei vagoni: la maggior parte dei passeggeri viaggia in piedi in carrozze stipate, mentre il capotreno si permette di tenere occupati tre posti per sè: uno per sedersi, uno dinnanzi per scrivere ed uno a fianco per appoggiare la borsa!
– sistemi di condizionamento non sempre funzionanti: carozze fredde di inverno e caldissime d’estate/scarsa manutenzione
– servizi di biglietteria sempre più rari (per questo meno male che è arrivato Internet, che però non tutti hanno/sanno usare)
– controlli dei biglietti sporadici
L’unica vantaggio è per questo “disservizio” le Ferrovie dello Stato fanno pagare davvero poco, anche se nel 2009 sono previsti aumenti fino al 10%!
Non so cosa stia pensando di fare l’AD di Ferrovie Moretti per migliorare la situazione e credo non sia una cosa semplice visto i vincoli tariffari (i treni costano un terzo in Italia rispetto alla Germania a parità di percorrenza), ma una proposta semplice e ce l’avrei: perchè non tagliare gli appalti della pulizia alle ditte terze e riassegnare qualche migliaia di dipendenti, tra quelli che incontri sempre sui treni in divisa che non fanno nulla sile personale di volo Alitalia) a mansioni di pulizia per tenere almeno in stato decoroso le carrozze dei vetusti treni dei pendolari?
200928
QUELL’ITALIA AD ALTA VELOCITA’ CHE CI PIACE
Published by Luigi Orsi Carbone at 11:44 pm in Blog with No Comments
Ho un appuntamento di lavoro fuori città a 250km. Decido di andarci in treno.
Acquisto online un biglietto in un paio di minuti senza dover fare code ( o dover chiedere una agenzia viaggi o alla segretaria di farlo pagando). Pago con una carta di credito.
Scelgo l’Alta Velocità e viaggio in seconda classe: da quando ho investito negli sms gratis dove possibile faccio sempre scelte low cost: è coerente alla filosofia aziendale, è divertente e conviene che di questi tempi non è male.
Il biglietto è ticketless (senza stampa di carta) con conferma direttamente via sms (purtroppo non è low cost Skebby!).
Esco dall’ufficio alle 13, il treno parte alle 13:30 Il tempo di percorrenza straordinario solo 1:05h; se fossi venuto in auto ci sarebbe voluto almeno più del doppio, escluso traffico, parcheggi,…
In treno lavoro con il laptop connesso ad Internet a banda larga mobile HSDPA TRE. Faccio anche una video conferenza su Skype con mia moglie e mi accerto di come sia andata la scuola con i miei figli.
Alle 18 sono di nuovo in ufficio alla mia scrivania.
Non sto parlando di un viaggio tra Parigi e Lione, né tra Tokio e Osaka, né tra New York e Washington… ma in Italia tra Milano e Bologna con l’Alta Velocità di Trenitalia.
Chi mi legge sa che sono spesso critico con il Paese e con chi la classe che lo dirige.
Questo è un esempio che quando vogliamo anche in questo Paese sappiamo realizzare e far funzionare infrastrutture all’avanguardia che aiutano il cittadino, e le imprese, a risparmiare tempi/costi e a fare scelte ambientalmente sostenibili. Dovrebbe essere così ovunque da Nord a Sud, da Est a Ovest!
Ecco i principali benefici:
+ produttività: ho guadagnato 2 ore di viaggio e altre 2 ore in cui seppur viaggiando ho potuto lavorare comodamente al mio pc.
– costi: ho risparmiato ca €140 differenza tra quello che mi sarebbe costato il viaggio in auto (ca. €0,40/km) vs ed il costo del treno ad Alta Velocità (ca 0,15/km. )
+ rispetto per l’ambiente: ho evitato emissioni di CO2 pari a circa 86Kg contribuendo alla sostenibilità dell’ambiente
Ricordiamolo “a chi dice no” dogmaticamente e spesso riesce a bloccarne la tempestiva realizzazione.
200916
Il modello imprenditoriale italiano contro la crisi
Published by Luigi Orsi Carbone at 9:02 am in Blog with No Comments
“Marzo 2009: l’Ambasciatore italiano negli USA ed una folta schiera di imprenditori ed investitori americani sono in viaggio di studio in Italia per studiare il modello di imprenditoriale e di innovazione italiano……..”
Un paradosso penserete, a solo un anno dal viaggio al contrario nell’ambito del programma Partnership for Growth; ma è quello che potrebbe accadere. Almeno leggendo il contenuto del messaggio shock che Sequoia, uno tra i primi fondi di vc della silicon Valley, ha inviato a tutti gli imprenditori partecipati dal fondo. La crisi profonda della finanza e dell’economia americana non poteva non toccare la Silicon Valley dove addirittura si stà mettendo in discussione il mondello di fare azienda votate alla crescita attraverso ingenti iniezioni di capitale da parte dei fondi di venture capital. Anziche di aziende “vc based” si parla di imprese “boostrap based”. Ovvero un impresa che cresce trovando le risorse in primis all’interno attraverso le performance di business (i.e. facendo e reinvestendo gli utili) oppure sul mercato ma in modo creativo attraverso attraverso accordi/partnership con grandi clienti, fornitori etc. Tra l’altro facilitato dall’utilizzo di Internet in tutti i processi aziendali e dai nuovi modelli collaborativi. Proprio quello che in assenza del venture capital, hanno dovuto fare, e stanno facendo gli imprenditori italiani.
Prepariamoci dunque ad accogliere i nostri colleghi americani e spiegare loro come si gestisce una start up senza seed, Round A, B, C, IPO e trade sales!
200915
A.A.A. CERCASI: NUOVO MODELLO DI CRESCITA SOSTENIBILE
Published by Luigi Orsi Carbone at 8:07 pm in Blog with No Comments
Sono appena rientrato da un viaggio negli USA tra New York e Miami. Di solito rientro dagli USA con dosi significative di entusiasmo, fiducia e voglia di fare che là trovi in dosi massicce e contagianti, soprattutto se rapportate alla rassegnazione di noi italiani. Questa volta non è stato così; al contrario sono tornato più preoccupato di quanto non lo fossi prima.
Alcuni macro trend che anche un turista girando lqua e là per gli US tocca con mano:
– 700/800 mila licenziamenti solo a New York tra professionals, 2,8 milioni nel Paese. Si organizzano già i party downtown NY a cui vengono messi i bracialetti per identificare coloro che hanno perso il lavoro e gli psicologi li aiutano a risettare le aspettative e cercare strade alternative
– centinaia se non migliaia di grattacieli a Miami ancora in costruzione o vuoti e prezzi di vendita a picco: un appartamento medio và ora per $200.000 ovvero €140.000 ma chiunque ti sconsiglia l’acquisto perchè impossibile rientrare dall’investimento
– i consumatori americani come affetti da post “sbornia collettiva” hanno smesso o meglio fortemente rallentato di consumare. I negozi a New York erano o vuoti o pieni con offerte a prezzi di liquidazione (decine retailers chiuderanno i battenti)
– le banche hanno prima mietuto ingenti perdite per la crisi finanziaria nell’immobiliare/mutui subprime e poi hanno avviato un fortissima stretta creditizia che stà portando al fallimento di molte aziende meno solide e più indebitate: il peggio stà per arrivare
– il tasso di disoccupazione è destinato ad aumentare e così la perdita di reddito attraverso i consumi a ridurre ancora il PIL
– la crisi dell’economia reale porterà nuove perdite al sistema finanziario che non consentirà al credito di ripartire
– i prezzi di tutti gli assets finanziari, anche a causa della perdita di fiducia a seguito di scandali finanziari e raggiri di dimensione eccezionali e su scala globale (leggi Madoff, per fortuna questa volta non un italiano!), e delle commodity sono in avvitamento riducendo ulteriormente la ricchezza accumulata le pensioni future e quindi la capacità di spesa dei consumatori
– il tasso di risparmio è negativo e il livello di indebitamento del settore privato fà rabbrividire
– il tasso di disoccupazione strutturale dell’economia americana è ben più alto di quello drogato visto in questi anni
– l’economia globale è integrata e trainata dagli USA e non esiste chi si possa sostituirli in quella funzione
Credo non si tratti della solita recessione ciclica ma di un cambiamento epocale. Il modello di sviluppo che ha trainato gli USA ed il mondo intero negli ultimi sedici anni è morto e sepolto. Alcuni settori/industrie così come li abbiamo conosciuti (es. certa finanza e immobiliare) cancellati. Gli USA starebbero per entrare in un periodo di “depressione” (definita dagli economisti come una riduzione del PIL di almeno 20% e contrazione del prodotto interno lordo per almeno 2 mesi). Considerato che il PIL USA è in contrazione dll’ultimo trimestre 2007 e che si stima che almeno 1% della crescita del PIL negli ultimi 16 anni sia frutto di pura speculazione sui prezzi delle attività, già entro i prossimi 2/3 trimestri potremmo salutare una nuova depressione, una delle 7/8 degli ultimi 100 anni.
Come/cosa fare ad uscirne? Dove e come reimpiegare le centinaia di migliaia (presto milioni) di disoccupati fuoriusciti dal settore finanziario e immobiliare e tra poco da quel che resta del manifatturiero (auto,…) e da gran parte da altri servizi anch’essi in crisi?
Gli USA dovranno ricostituire uno stock di capitale finanziario attraverso il risparmio, di capitale umano attraverso la formazione e l’innovazione e di capitale materiale attraverso l’ammodernamento infrastrutturale compatibili con un livello di PIL ed un tasso di disoccupazione simile a quello di cui siamo testimoni pre crisi e dove il valore sia generato attraverso consistenti aumenti di produttività o di innovazione e non dall’aumento artificiale dei prezzi delle attività (l’altro ieri i prezzi delle azioni internet, poi quelli delle attività immobiliari infine quelli delle commodity). Solo così si potrà tornare a tassi di disoccupazione e quindi ad un livello di reddito pro capite simili al livello pre crisi. Ma tutto questo dovrà avvenire, questa volta, con il vincolo di essere “ambientalmente” sostenibile per l’intero pianeta e non come avvenuto negli ultimi anni a suo discapito.
Nella patria del capitalismo e della free market economy l’avvio di questa nuova fase deve obbligatoriamente passare da un ingentissimo intervento pubblico che il nuovo Presidente si stà apprestando ad avviare. Come finanziarlo in un economia già così pesantemente indebitato? Una strada potrebbe essere quella di ridurre gli interventi militari all’estero e le ingenti spese associate per lo più per la conquista del petrolio in giro per il mondo. Certo è facile capire come in un sentiero così stretto e difficile qualsiasi errore o spreco di risorse sarebbe fallimentare e manderebbe a picco il dollaro e il Paese portandolo questa volta davvero verso un lento ed inesorabile declino.
Gli USA sono un Paese molto ricco, coraggioso e oroentato al cambiamento. Credo e spero che ce la possano fare anche se temo ci vorrà tempo prima di vedere qualche risultato (non prima di 2010/2011) e che i nostri amici americani dovranno recuperare quella di voglia di lavorare e soffrire che forse imparando da noi europei hanno perso.